MARISOL - MENTORING SCHOOL
"ONE-TO-ONE"
DISCRIMINAZIONI RAZZIALI
In questo ultimo periodo di pandemia, e non solo in Italia, si sono verificati numerosi casi di discriminazioni di tipo razziale sul lavoro che dalla raccolta di ricorsi e sentenze analizzate appaiono particolarmente interessanti onde prevenire il fenomeno con ricorso alla giurisprudenza penale. Stando al nostro territorio la discriminazione razziale può manifestarsi in ogni fase del rapporto di lavoro, dall’inserzione di lavoro discriminatoria, alla discriminazione nella procedura di selezione, ai termini discriminatori del contratto, passando per le osservazioni razziste tra colleghi e gli episodi di mobbing a sfondo razzista, fino alla disdetta per motivi razzisti e agli atti di stampo razzista dopo la fine del rapporto di lavoro. Numerose disposizioni legali proteggono le persone dalla discriminazione razziale nel mondo del lavoro. Gli impieghi nel settore privato sono retti dal diritto privato, di particolare di rilievo in questo contesto sono la protezione dalla discriminazione sul lavoro prevista dal Codice delle Obbligazioni e dal Codice Civile. Gli impieghi statali e di enti amministrativi sono retti in primo luogo dal diritto pubblico. Diversamente da quelli privati, i datori di lavoro pubblici sono vincolati ai diritti fondamentali della Costituzione. Comunque ai rapporti di lavoro sia di diritto pubblico sia di diritto privato concernenti l’area Ue si applicano le disposizioni dell’Accordo sulla libera circolazione delle persone l’Ue.
Dare una disdetta di rapporto per il colore della pelle o l’appartenenza etnica, nazionale o religiosa del lavoratore è illecito. I datori di lavoro di diritto pubblico che lo fanno violano il divieto costituzionale di discriminazione e in alcuni casi anche diritti costituzionali quali la libertà di religione (art. 15 Cost.) e i pertinenti diritti fondamentali sanciti dalla costituzione, nonché il diritto pubblico del personale. Nel diritto privato, una disdetta data per motivi razzisti è abusiva, abusivo anche licenziare una persona perché pratica una determinata religione, poiché la libertà di religione rappresenta un diritto costituzionale è abusiva anche se pronunciata perché la persona interessata si è difesa da comportamenti razzisti. In questo caso è leso il principio della buona fede.