MARISOL - MENTORING SCHOOL
"ONE-TO-ONE"
SUICIDIO GIOVANILE
Il suicidio, secondo l’OMS, è al secondo posto tra le cause di morte tra i giovani. Si tratta di un impulso, a volte un segno di sfida e ribellione, ad oggi molto potente, viste le costrizioni straordinarie che tutti devono quotidianamente vivere, a causa della pandemia. Il fenomeno riguarda i bambini e i giovani di età compresa tra i 10 ai 29 anni. Possiamo evidenziare due tipologie di suicidio:
– Suicide attempt: comportamento che conduce a farsi del male intenzionalmente
– Suicidal behaviour: pensare, pianificare, prenderlo in considerazione
Secondo uno studio condotto dal Journal of Child Psychology and Psychiatry, in Europa stanno aumentando i tentativi di suicidio e soprattutto gli atti di autolesionismo. Dati che, nel nostro paese, vengono confermati da alcune strutture ospedaliere come l’ospedale pediatrico Bambin Gesù di Roma. Qui infatti sono state registrate, durante la pandemia, molte richieste in pronto soccorso per fenomeni di autolesionismo.
Purtroppo questo fenomeno continua ad essere presente, ma se ne parla poco. Nella società, infatti, il tema del disagio psichico che sfocia in autolesionismo è ancora visto in alcuni casi come un tabù, così da essere trattato come qualcosa di superficiale e superabile dai ragazzi stessi, utilizzando molto spesso questo modo di dire superficiale: ma è solo un adolescente. La diffusione del problema adolescenziale che stiamo vivendo oggi è un fenomeno endemico, che deve essere posto sotto osservazione in modo specifico e particolareggiato. Un giovane che tenta il suicidio ha dei problemi personali che dovranno essere risolti il prima possibile. Saper captare il trend che si sta impossessando degli adolescenti non è un’impresa facile, riuscire ad individuare le cause specifiche esistenti dietro questa “sfida” è davvero complicato. Occorre che si procedano con delle indagini mirate, capire cosa e come stanno vivendo i ragazzi in questo periodo. Saper captare i segnali è fondamentale. Così come è fondamentale non dare retta ai cosiddetti Myths about suicide:
– le persone che tentano il suicidio non ne parlano, un grande campanello d’allarme da prendere, quando ne parlano stanno decisamente chiedendo aiuto
– la maggior parte dei suicidi avviene senza segnali d’allarme, ci sono specifiche segnalazioni legati alla disperazione
– chi si suicida è già morto, niente di più sbagliato, in realtà le persone sono molto ambivalenti, per questo il supporto è fondamentale
– quando prova a suicidarsi, riprova una seconda volta; sbagliato, il rischio di suicidio cresce in modo esponenziale e poi decresce; con un supporto si può aiutare a non raggiungere quel picco
– avviene solo da parte di persone con disturbi psichiatrici; non è detto, esistono anche forme di disperazione portate all’estremo, basti pensare agli ultimi eventi tra gli adolescenti
– parlare di suicidio come incoraggiamento; se ne parla sempre poco, creando così un tabù, bisognerebbe parlarne sì, ma in modo corretto, come prevenzione
Stiamo notando in questo periodo che le cause predominanti di suicidio sono spesso associate al periodo di chiusura, soprattutto tra gli adolescenti che vivono con grande preoccupazione la pandemia. Ed un aspetto correlato all’impossibilità di uscire e di avere rapporti sociali, è il tempo trascorso davanti al pc, al telefono e ai videogiochi.
I principali fattori di rischio di suicidio sono due:
– sociale
– individuale
È importante oggi saper affrontare e arginare il fenomeno tra gli adolescenti rivolgendo loro la corretta attenzione. I suicidi possono avvenire senza preavviso, ma come già detto essi vengono preceduti da alcuni segnali verbali e comportamentali, se opportunatamente riconosciuti possono orientare verso un intervento mirato e repentino. Molti sono i fattori di rischio negli adolescenti, basti pensare agli sbalzi d’umore che possono sfociare in disturbo, come frequentemente è la depressione o disturbo bipolare; l’uso di sostanze stupefacenti, condotte autolesive, avversità familiari o discriminazioni.